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2008-11-28 SI È SVEGLIATO nel suo letto ormai completamente avvolto dalle fiamme, dopo essersi addormentato con una sigaretta accesa. Ha cercato invano di salvarsi, gettando via il piumone e rifugiandosi nella cucina, dove è morto durante la notte, presumibilmente intorno alle 3, asfissiato dalle esalazioni letali del monossido di carbonio. Il gas aveva trasformato in una camera a gas il suo bilocale, al quinto piano del condominio al civico 42 di via Bargagna, in una trappola mortale. Nessuno degli inquilini — sono sessanta i bilocali in quest’ala dell’edificio — si è reso conto di quello che stava accadendo nell’appartamento affittato da Sergio Panichi, 35 anni compiuti il 19 luglio scorso. Nato a Trento, da una decina d’anni residente a Pisa, dove lavorava come operaio nel reparto del ‘‘Forno Quattro’’, alla fabbrica Saint Gobain.
Solo intorno alle 10 di ieri mattina, una giovane coppia con un bambino piccolo che abita nell’appartamento di fronte, sullo stesso pianerottolo, ha notato qualcosa di strano. «Un odore acre, come di plastica bruciata — racconta Annunziata Tardo, la vicina di casa del trentacinquenne — . Non l’abbiamo collegato subito ad un incendio, perché in questa zona abitano molti stranieri che spesso cucinano con la brace sui terrazzi. Ma poi mi sono affacciata al terrazzo e ho visto la finestra dell’appartamento accanto completamente annerita da fumo. Abbiamo dato l’allarme subito, ma non potevamo immaginare una simile tragedia».
 
L’APPARTAMENTO era chiuso a chiave dall’interno e i vigili del fuoco hanno dovuto sfondare la finestra dei vicini per entrare nel bilocale avvolto nella spessa coltre di fumo che, forse, ha impedito al giovane di raggiungere la porta di casa, aprendo la quale avrebbe potuto salvarsi. Lui giaceva a terra, tra il lavello e un mobiletto, una sedia e il tavolino spezzati nella foga di quella corsa disperata alla ricerca di una boccata d’ossigeno. Completamente nudo, probabilmente perché ha avuto il tempo di strapparsi di dosso il pigiama in fiamme, era disteso a faccia in su, le braccia spalancate, accanto alla carcassa della sua gattina, anche lei uccisa in pochi minuti dal fumo mortale.
La porta del bagno è rimasta chiusa, ed è quello l’unico vano della casa che il monossido di carbonio non ha avvelenato. Il bagnetto ha una grossa finestra e se si fosse rifugiato lì, il giovane probabilmente oggi sarebbe ancora vivo. Ma forse, quando si è svegliato nell’incendio del suo letto, Sergio ha pensato proprio alla bestiola che dormiva acciambellata sul divano di cucina, e in quei momenti terribili deve aver tentato di salvare anche l’amata gatta, con cui divideva le tre stanzette del suo rifugio da single.
«Probabilmente voleva prendere con sé il gatto prima di lasciare l’appartamento — spiega il caposquadra dei vigili del fuoco intervenuti ieri mattina, insieme ai carabinieri del nucleo radiomobile e della Compagnia di Pisa, subito dopo la chiamata dei coniugi Tardo — altrimenti non si capisce perché sia andato subito in cucina, sfidando il muro di fumo che dalla camera aveva già invaso anche l’altra stanza. Nel bagno si sarebbe salvato».
 
Sono le 13 quando il professor Alessandro Bassi Luciani, arriva in via Bargagna dall’istituto di medicina legale per la ricognizione esterna sul cadavere del giovane operaio. Sarà l’autopsia, disposta dal sostituto procuratore incaricato del caso, dottor Sisto Restuccia, ad accertare con esattezza come è morto Sergio Panichi. «La prima ipotesi — spiega il professor Bassi Luciani — è che il giovane sia stato ucciso dalle esalazioni di monossido di carbonio. Ha il corpo annerito, ma non presenta ustioni tali da provocare il decesso. Credo che la Procura disporrà anche degli esami tossicologici, attraverso i quali potremo avere un quadro più chiaro su quanto è accaduto». In via Bargagna giungono anche il fratello Franco e alcuni colleghi del giovane operaio, per il riconoscimento del cadavere. L’uno con l’altro cercano di farsi coraggio. «Non è possibile, non si può morire così».

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